Insegnando si impara

Archive for ottobre 2009

I  MATEMATICI cacciano gli elefanti andando in Africa, scartando tutto quello che non è un elefante e prendendo tutto il resto.

 

I  MATEMATICI ESPERTI tentano di provare l’esistenza di almeno un elefante prima di eseguire il passo precedente come esercizio subordinato.

 

I PROFESSORI DI MATEMATICA  provano l’esistenza di almeno un elefante e lasciano la scoperta e la cattura di un elefante come esercizio per i loro studenti.

 

Gli INFORMATICI cacciano gli elefanti con l’algoritmo A:

1. Vai in Africa

2. Comincia dal Capo di Buona Speranza

3. Dirigiti ordinatamente a Nord, attraversando il continente alternativamente da est e da ovest

4. Durante ogni traversata:

            a) Cattura ogni animale che vedi

            b) Confronta ogni animale catturato con un elefante campione

            c) Fermati quando trovi una corrispondenza

 

Gli INFORMATICI ESPERTI modificano l’algoritmo A mettendo un elefante al Cairo per assicurarsi che l’algoritmo abbia termine.

 

I PROGRAMMATORI IN ASSEMBLER preferiscono eseguire l’Algoritmo A camminando in ginocchio.

 

GLI INGEGNERI HARDWARE cacciano gli elefanti andando in Africa, prendendo animali grigi a caso e fermandosi quando uno di loro pesa quanto un elefante noto più o meno il 15%.

 

GLI ECONOMISTI non cacciano gli elefanti ma credono che, se li si paga abbastanza, si cacceranno da soli.

 

GLI STATISTICI cacciano il primo animale che vedono N volte e dicono che è un elefante.

Il termine deriva dal greco ψεύδω pseudo (falso) e dal latino scientia (conoscenza).
Pseudoscienza è qualsiasi cosa che in superficie appare essere scientifica o che ha dei presupposti scientifici e che tuttavia contravviene ai requisiti di testabilità richiesti dalla scienza o comunque devia sostanzialmente da altri fondamentali aspetti del metodo scientifico.
 
Una pseudoscienza può essere caratterizzata da alcuni dei seguenti aspetti:
 
– affermazioni vaghe, imprecise prive di specifiche misurazioni o per le quali si sostiene che non siano misurabili
– affermazioni prive di verifica sperimentale oppure in contraddizione con altri risultati sperimentali
– affermazioni impossibili da verificare o da confutare
– tendenza a modificare abitualmente la natura delle proprie asserzioni per sfuggire alle critiche
– presentazione di risultati sperimentali privi di qualsiasi forma di peer review (la cosiddetta "scienza delle conferenze stampa")
– violazione del rasoio di Occam, ovvero il principio secondo il quale per spiegare un dato fenomeno si debba preferire, tra le teorie possibili,  quella con meno assunzioni possibili 
– denuncia di un presunto ostracismo della "scienza ufficiale", dovuto a chiusura mentale e interessi economici
– mancanza di effettivo controllo sui risultati come l’utilizzo del doppio cieco nella sperimentazione
– asserzioni che si afferma non siano state dimostrate come false e che quindi devono essere vere (o viceversa)
– asserzioni eccessivamente legate a prove testimoniali o esperienze personali
– asserzioni che presentano dati che sembrano comprovare il risultato ma che non tengono conto di altri dati che confliggono con esso
– mancanza di evoluzione e progressi nel proprio campo (vedi astrologia immutata negli ultimi 2000 anni)
– incapacità di autocorreggersi
– principio di maggioranza (se migliaia di persone vi ricorrono….se migliaia l’hanno visto….)
– principio d’autorità (pensiero di una persona che deve essere considerata superiore)
 
Vi ricorda qualcuno o qualcosa? Della TV spazzatura ad esempio? Dei personaggi televisivi che si spacciano per risolutori di misteri mai svelati?
 

Tra le storie che hanno suscitato più clamore è presente quella del chupacabra, dove Giacobbo sostenne di aver trovato i resti di questo animale, anche quando questi erano stati già identificati da parte di scienziati con quelli di un coyote, chiedendo la ripetizione degli esami in questione, in quanto sembrava una specie non conosciuta di tale animale. Così si lasciò intendere che c’erano grandi possibilità che si trattasse veramente di resti di chupacabra.

Altra storia che alimentò critiche sulla rete è stata quella di John Titor, che è stata presentata con la frase "questa è una storia vera" e descritta come se lo fosse davvero, mentre sia la comunità scientifica che quella web hanno sempre mostrato serissimi dubbi sulla possibilità che Titor sia stato realmente un viaggiatore del tempo.

Altra puntata pesantemente criticata è stata quella, dove è stato realizzato un servizio dedicato alla presunta falsità della missione Apollo11. In questo servizio sono stati riproposti diversi interrogativi relativi ad alcune stranezze, o presunte tali, riguardanti le luci e le ombre delle fotografie della missione. Tuttavia molte di queste "stranezze", che al telespettatore medio potrebbero comprensibilmente risultare inspiegabili, sono già state chiarite in passato da esperti di fotografia, come analizzato tante volte anche da Paolo Attivissimo nel suo blog.

E’ stato mandato in onda un servizio dedicato alle Pietre di Ica, sulle quali sarebbero raffigurati dinosauri, macchinari e mappe geografiche; queste immagini risulterebbero anacronistiche rispetto al periodo in cui queste incisioni sarebbero state realizzate. Tuttavia queste pietre sono dei falsi, realizzati negli anni sessanta dagli artigiani del posto, cosa chiarita già anni prima del servizio.

Ma qualcuno se ne è accorto che tutte queste stupidaggini avrebbero potuto avere delle conseguenze e ha scritto …  http://attivissimo.blogspot.com/2009/09/2012-la-fiera-delle-scemenze-fa-vittime.html

Per riportare i piedi sulla terra …

http://www.youtube.com/watch?v=duSwivV0yGE&feature=player_embedded

http://www.youtube.com/watch?v=Luh1CEjh3ec

Se ancora riuscite a credere a tutto, ma proprio a tutto compresa l’esistenza di Babbo Natale, la dimostrazione della sua non esistenza la potete leggere di seguito:

"Cerchiamo di dimostrare l’esistenza o meno di Babbo Natale"

Nessuna specie conosciuta di renna può volare.

Ci sono ancora però 300.000 specie di organismi viventi ancora da classificare e, mentre la maggioranza di questi organismi è rappresentata da insetti e germi, questo non esclude completamente l’esistenza di renne volanti, che solo Babbo Natale ha visto.

Ci sono 2 miliardi di bambini (sotto i 18 anni) al mondo. Dato però che Babbo Natale non tratta con i bambini mussulmani, hindu, buddisti e giudei, questo riduce il carico di lavoro al 15 per cento del totale, cioè circa 378 milioni.

Con una media di 3,5 bambini per famiglia, si ha un totale di 98,1 milioni di locazioni. Si può presumere che ci sia almeno un bambino buono per famiglia.

Babbo Natale ha 31 ore lavorative, grazie ai fusi orari e alla rotazione della Terra, assumendo che viaggi da est verso ovest.

Questo porta a un calcolo di 822,6 visite per secondo. Questo significa che, per ogni famiglia cristiana con almeno un bambino buono, Babbo Natale ha circa un millesimo di secondo per:

  1. trovare parcheggio (cosa questa semplice, dato che può parcheggiare sul tetto e non ha problemi di divieti di sosta);
  2. saltare giù dalla slitta;
  3. scendere dal camino;
  4. riempire le calze;
  5. distribuire il resto dei doni sotto l’albero di Natale;
  6. mangiare ciò che i bambini mettono a sua disposizione;
  7. risalire dal camino;
  8. saltare sulla slitta;
  9. decollare per la successiva destinazione.

Assumendo che le abitazioni siano distribuite uniformemente (che sappiamo essere falso, ma accettiamo per semplicità di calcolo), stiamo parlando di 1248 km per ogni fermata, per un viaggio totale di 120 milioni di km. Questo iplica che la slitta di Babbo Natale viaggia a circa 1040 km/s, a 3000 volte la velocità del suono. Per comparazione, la sonda spaziale Ulisse (la cosa più veloce creata dall’uomo) viaggia appena a 43,84 km/s, e una renna media a circa 30 km/h.

Il carico della slitta aggiunge un altro interessante elemento: assumendo che ogni bambino riceva una scatola media di Lego (del peso di circa 1 kg), la slitta porta circa 378.000 tonnellate, escludendo Babbo Natale (notoriamente soprappeso).

Sulla Terra, una renna può esercitare una forza di trazione di circa 150 kg. Anche assumendo che una “renna volante” possa trainare dieci volte tanto, non è possibile muovere quella slitta con otto o nove renne, ne serviranno circa 214.000.

Questo porta il peso, senza contare la slitta, a 575.620 tonnellate. Per comparazione, questo è circa quattro volte il peso della nave Queen Elisabeth II.

Sicuramente, 575.620 tonnellate che viaggiano alla velocità di 1004 km/s generano un’enorme resistenza. Questa resistenza riscalderà le renne allo stesso modo di un’astronave che rientra nell’atmosfera.

Il paio di renne di testa assorbirà 14,3 quintilioni di joule per secondo. In breve, si vaporizzerà quasi istantaneamente, esponendo il secondo paio di renne e creando assordanti onde d’urto (bang) soniche. L’intero team verrà vaporizzato entro 4,26 millesimi di secondo. Conclusione: Babbo Natale c’era, ma ora è CREPATO!!!

Per finire, Voyager e Mistero? No, grazie. Sono programmi che, per il fatto di sposare teorie new age tipo "piramidi costruite da civiltà extraterrestri", "donne che partoriscono figli di alieni" e cose del genere, attraggono molti telespettatori incuriositi facendo audience molto elevati. Ma di scientifico non hanno nulla… vi prego, diffidate da tutte le trasmissioni di cartomanti, astrologia o cose del genere.
Vi consiglio dei siti da consultare per la veridicità di molte affermazioni "pseudo-scientifiche":

CICAP – Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale

Astrologia? No grazie! dell’UAI

Osservatorio

 
 

C’è una specifica parola, nel linguaggio scolastico, che individua una particolare categoria di insegnanti che oltre a fare normalmente lezione si occupano anche di altro: la definizione è “funzione strumentale”.

Non mi è mai piaciuto, anche solo a livello linguistico, essere considerata una “funzione” (perché non una persona?) per di più “strumentale” (nel senso che vengo strumentalizzata o che sono solo uno strumento?). Comunque, per farla breve, mi occupo di orientamento, da qui l’appellativo bussola, coniato simpaticamente per me, dai miei colleghi.

 

Per la scuola superiore l’orientamento si divide in: orientamento in ingresso, dedicato ai ragazzi delle scuole medie per permettere loro una scelta il più possibile consapevole di un adeguato percorso scolastico futuro e orientamento in uscita, dedicato alle classi quinte per la scelta della facoltà universitaria più adatta alle singole esigenze.

Premesso che, anche scuole considerate “ricche” come la mia, quest’anno non hanno una lira di finanziamento ministeriale per organizzare incontri, distribuire materiale informativo, stampare manifesti per comunicare i giorni di “open day” (scuola aperta per i visitatori interessati), pagare gli insegnanti che si prestano ad illustrare le attività didattiche che vengono svolte o a progettare lezioni per gli studenti delle medie, constatato che non si sa ancora che data fisserà il Ministero come termine ultimo per le preiscrizioni, preso atto che, a tutt’oggi, il nostro Ministro della Pubblica Istruzione non si è ancora degnata di comunicare a nessuno se e quando partirà questa benedetta riforma-riordino delle scuole di secondo grado e con che modifiche sull’orario e sulle materie (quindi sulla didattica e sugli insegnamenti), io mi trovo un po’ in difficoltà.

 

Maria Star, risiamo alle solite?

Chi è il Ministro della Pubblica Istruzione? Ricordatelo dai, non è una domanda difficile.

Lo sai che le direttive ce le devi dare te? Ma che te la dai una svegliatina? Non è che si pretende tanto per riuscire a svolgere il nostro lavoro ma almeno sapere se nella mia scuola viene scissa la specializzazione di elettronica facendola confluire in parte su informatica e in parte su elettrotecnica ce lo vuoi dire? Mica per altro sai, ma a me i genitori lo chiederanno come vorranno sapere  che cos’è questo nuovo indirizzo “Trasporti” e se nella mia scuola ci sarà. Magari mi chiederanno anche se il riordino partirà solo dalle prime classi o anche dalle terze, se chimica e fisica al biennio saranno una materia sola e chi la insegnerà il collega di fisica o quello di chimica? E poi gli insegnanti di laboratorio… ci saranno? Quanti? Per quante ore? E io che insegno sistemi elettronici automatici agli elettronici (che scompariranno raggruppati sotto altri nomi) dove finirò ad insegnare? Agli elettrotecnici-elettronici o agli informatici-telecomunicativi, sai perché te forse non lo sai ma sono classi di concorso diverse (e per gli addetti ai lavori questo non è un dettaglio!). Ma forse te, cara Ministra, hai pensato di riunire tutti sotto una solita classe di concorso e con quali criteri? Ce lo racconti magari con una circolare o facciamo la fine dello scorso anno quando abbiamo fatto gli scrutini del primo quadrimestre senza che tu ci avessi ancora detto come dovevamo regolarci con il famoso voto di condotta? Perché sai, i tempi stringono e queste non sono cose che si fanno dalla sera alla mattina, ormai lo dovresti aver capito ma… non vuoi imparare, sembri più cocciuta dei nostri studenti più affezionati.

 

Ah! Un’ultima cosa, a grande richiesta da parte dei miei alunni: vorrebbero sapere se a scuola nostra potresti decidere per la sezione di liceo musicale-coreutico (visto che ancora non si sa di quali istituti sarà appannaggio) perché loro apprezzerebbero moltissimo un paio di sezioni di ballerine professioniste.

 
Le classi quinte di tutta la scuola sono state invitate, ieri mattina, alla "Giornata celebrativa del Parlamento Nazionale nella Firenze capitale d’Italia – La democrazia è forte dove il Parlamento è forte".
 
La mattinata è cominciata con una bella colazione al bar.
Nonostante la mia insistenza nel volere offrire a tutti la colazione, l’argomentazione usata, " Sie, un se ne parla nemmeno, non mi sono mai fatto offrire nulla da una ragazza e questa non sarà certo la prima volta", mi ha lasciata disarmata. Condito con il sostantivo "ragazza" è stato uno dei migliori caffè mai presi in vita mia.
 
Tutti eleganti, come da copione, siamo arrivati in Piazza della Signoria dove abbiamo incontrato la restante parte del gruppo con le varie insegnati accompagnatrici e siamo saliti puntuali nel Salone dei Cinquecento.
All’ingresso, il responsabile della sicurezza, un distinto signore sulla sessantina, ha chiesto a me e alla mia collega… : "Scusate, ma siete voi le accompagnatrici?" Ci siamo guardate, piacevolmente sorprese ed io ho esclamato: "Beh!, se non si vede la differenza e con questo bel complimento, io ora sono in grado di sopportare qualsiasi chiacchiera noisa vorranno propinarci"
 
 
La conferenza è cominciata con l’arrivo, in una sorta di "processione", delle autorità tutte in fila indiana e circondate dalle guardie del corpo.  Il Sindaco, giusto per stemperare la pseudo sacralità della scena che probabilmente lo metteva in imbarazzo, nel frattempo, si fermava a salutare personalmente gli ospiti elargendo ampi sorrisi e stringendo varie mani. Solo dopo che tutti loro si sono accomodati, ha fatto il suo ingresso il gonfalone della città accompagnato dalle chiarine che hanno intonato la solita "musichetta" che ai fiorentini ricorda tanto l’inizio delle partite del Calcio Storico. Tutti in piedi per il saluto.
 
 

Matteo Renzi è stato l’unico, a mio avviso, che ha cercato di parlare ai ragazzi utilizzando un linguaggio alla loro portata. Ha cercato di sottolineare l’importanza delle istituzioni cogliendo l’occasione di provare ad avvicinare i ragazzi alla politica per loro così lontana e complessa. Gli altri invece, vuoi la carica istituzionale rivestita, vuoi l’età avanzata, vuoi il semplice fatto di leggere appunti già scritti, hanno dimostrato una comunicatività pari a zero, una totale assenza di pathos e di coinvolgimento personale oltre ad un’ostentazione spesso di pura dialettica che hanno alimentato la disaffezione verso questi argomenti aumentandone l’incomprensione e la distanza dalla realtà. Anche noi insegnanti abbiamo spesso fatto fatica a seguirli lasciandoci affascinare più dalla bellezza del luogo che dal significato delle tante parole dette. L’applauso al discorso finale è stato più di liberazione che di approvazione e questa volta mi sono rifiutata di alzarmi in piedi al suono delle chiarine, no, via, non si può.

Al termine della manifestazione, solo un’improvvisata visita in S. Croce "alle urne dei forti", la serenità del chiostro e una bella passeggiata per le vie del centro di Firenze sotto uno splendido sole, sono riuscite a rimetterci in pace con il mondo.

Meglio conosciuto con il nome di gita scolastica è, in assoluto, l’attività più attesa dagli studenti delle scuole di ogni ordine e grado.

Alle superiori, poi, l’attesa raggiunge livelli parossistici specie se parliamo di ultimo anno di corso e di mete al di fuori dell’Italia.

Già dal secondo giorno di scuola, il tormentone, tutti gli anni, è sempre lo stesso: "Profe, lei ci porta in gita, vero?".

Alla fatidica domanda solo i più esperti e cinici riescono a glissare, tutti gli altri, senza neanche cogliere gli oscuri e minacciosi presagi di quel "vero?", balbettano un assenso variamente condizionato considerato però dagli alunni come un giuramento firmato con il sangue.

Gli animi si rasserenano solo dopo che i rappresentanti di classe si sono assicurati, in questo subdolo modo, la disponibilità di almeno sei professori più tre di riserva.

A dire la verità, io e la mia collega di italiano, è già dall’anno scorso che stiamo pensando ad organizzare il tutto con le due nostre quinte dove ormai insegniamo insieme da tre anni ma i ragazzi credo che non lo sospettino.

Abbiamo scoperto casualmente l’altro giorno che, alla fatidica domanda rivoltaci singolarmente dalle due diverse classi, abbiamo risposto entrambe:”…Ah! Ma io accompagno gli altri…”.

Fatto sta che, per fare le spiritose, quelle nei guai potremmo essere noi dato che i ragazzi hanno chiesto anche ad altri insegnati se erano disponibili ad accompagnarli. Peccato che io e lei volevamo andare insieme… ora speriamo che non ci appioppino dei compagni di viaggio inadeguati. Triste

Arrivando a scuola in macchina, sembrava tutto tranquillo, solito traffico mattutino, solita radio accesa, soliti libri nel sedile di dietro, solito posto nel parcheggio.

All’ingresso principale campeggiava un lenzuolo…..OKKUPATO…… si va bene, penso tra me, e sorrido pensando al gabinetto.

La scena che mi si para davanti, appena varcata la soglia d’ingresso è sconcertante. Sedie buttate là nel mezzo all’atrio o accatastate nei corridoi insieme ai banchi, porte forzate, le chiavi dei laboratori tutte sparpagliate in giro per la portineria in disordine, polvere di gessi schiacciati a formare macchie bianche sul pavimento rosso, si intravede qualche cimosa triste che si affaccia da dietro i termosifoni.

Mi avvio verso la sala insegnati pensando al mio cassetto, ai registri, ai compiti, alle mie cose. Non si trovano le chiavi per aprire; ce n’è un mazzo nel bagno dei professori saranno quelle?

Qualcuno ha rovistato in sala docenti ma non sembra mancare nulla. Le uscite di sicurezza sono tutte chiuse con delle catene dall’interno, non si può transitare da una palazzina all’altra dell’edificio. Il custode le taglia con delle enormi cesoie. Chissà che è successo nelle classi, vado a vedere. Cicche di sigarette dappertutto, sputi sui banchi, la cattedra capovolta, lattine vuote accasciate per terra, buste di merendine e patatine sparse per l’aula, che sudiciume, che puzzo ma cos’è quella? Pipì fatta nel cestino.

Cosa hanno fatto alla loro scuola? La sensazione che ho provato vedendo quello che era successo è stata di disgusto. La stessa sensazione che si prova quando scopri che a casa tua sono entrati i ladri e ti hanno violato nelle tue cose più intime.

Rispetto all’esplosione dell’Onda dello scorso anno, quella degli studenti medi di oggi appare non come una protesta sostenuta da ideali da avvalorare e per cui combattere ma come una sola occasione per non fare lezione, questa volta, il tutto non ha trovato alcuna sponda né tra i docenti né tra i genitori. Non si può definire un movimento, non è niente e manca totalmente di passione e di amore, elementi importanti che avevano sostenuto le lotte dello scorso autunno.

La violenza, l’arroganza, la strafottenza, la stupidità non hanno mai sostenuto neanche le ideologie più ferree e più forti ma sono state solo la base delle ingiustizie e delle guerre.

Quando da sempre insegni in classi in cui la percentuale femminile ammonta all’1% (ma calcolato in dieci anni), una volta che ti capita di conoscere qualcuna delle ragazze dei tuoi alunni, ti sembra una festa.
Con una di loro, in particolare, si è creato un bellissimo legame.
Già dalla prima volta che ci siamo parlate, abbiamo sentito entrambe un certo "feeling", una magnifica sintonia.
Qualche scettico potrà pensare che la differenza di età non può permetterci di essere amiche… e chi l’ha detto? Noi forse siamo anche di più: lei mi considera come una zia, io come una nipote.
Parliamo di tutto: dalla scuola alle vacanze, dalla famiglia alle amicizie, spettegoliamo di abbigliamento, di gioielli o di estetica, riflettiamo insieme sul futuro e sulla vita.
Ci consigliamo, ci aiutiamo, ci diamo suggerimenti.
Io cerco di calmarla quando si arrabbia furentemente, lei mi consola quando mi capita di mettere in dubbio la mia "funzione docente".
Non siamo molto simili a dire la verità ma ci completiamo vicendevolmente.
Abbiamo un’enorme stima l’una dell’altra, ci comprendiamo alla perfezione, ci capiamo anche solo con uno sguardo e ci cerchiamo anche solo per un rapido saluto.
Io so di essere importante per lei, lei è un’effervescenza di colori apparsa all’improvviso nella mia vita.
Sono contenta quando usciamo insieme a fare compere o ci sediamo al bar per un caffè, sono felice quando chiacchieriamo per ore su msn e non mi pesa aspettare fino a tardi il ritorno dagli allenamenti solo per dirle:
 
"Buona notte Alessia, ti voglio bene"

Oggi voglio raccontarvi una storia. I protagonisti?

Una classe di alunni (la mia? Forse) e un’insegnante (io? Può darsi).

Quando si incontrarono, la prima volta, loro facevano la terza, avevano appena scelto la specializzazione di elettronica e mostravano quel tipico atteggiamento dei cuccioli, spaventati e sospettosi della novità che gli si apriva davanti. D’obbligo il timore reverenziale per quelli che erano gli "ingegneri" del triennio, non professori normali, come ormai ne vedevano da anni, ma esseri distanti, severi, irraggiungibili, intransigenti e intoccabili.

Lei, sicura di sé, severa quanto bastava ma con quel sorriso rassicurante, con la battuta sempre pronta, bionda… ma anche lei appartenente a quella strana specie di cui sopra.

Non fu “amore a prima vista”, si scrutarono per mesi, si misurarono, si conobbero, si valutarono e cominciarono piano piano a fidarsi reciprocamente.

Lei fu nominata Coordinatrice di Classe e questo la fece sentire personalmente responsabile di quelle giovani vite. Li sostenne, li incoraggiò, li aiutò. Loro la cercavano nei momenti di crisi, quando avevano anche solo bisogno di un semplice confronto, quando avevano un problema scolastico da superare, nel dialogo con i genitori e lei era lì, cercava sempre di comprenderli, li motivava e alla fine riuscì a portarli tutti nella classe successiva. Erano diventati la sua classe, erano quelli di classe sua!

Dopo un mese dall’inizio della quarta, ci fu “l’occupazione” a scuola, sì, la famosa “onda”. I cuccioli erano cresciuti. Assomigliavano, ora, a dei tigrotti arruffati che avrebbero voluto cambiare il mondo. Il loro modo di dimostrarlo fu quello di decidere di rimanere a dormire a scuola con i sacchi a pelo. Lei era dibattuta; da una parte contenta nel vederli lottare per qualcosa, dall’altra dispiaciuta per l’illegale modalità scelta. Chi la cercava per i corridoi, in quei giorni, la trovava, sempre pronta ad ascoltare. La mattina spesso arrivava a scuola alle 7:00 preoccupata di cosa poteva essere successo la notte. “Sa Profe”, le dissero un giorno, “stanotte sono arrivati con le spranghe cinque loschi ceffi. Noi abbiamo avuto paura ma eravamo tanti e tutti maschi, loro si sono impauriti e sono andati via. Abbiamo pensato bene di chiuderci a chiave dentro la scuola”. Il giorno seguente, la videro arrivare all’alba con i cornetti caldi per tutti e ne rimasero sorpresi.

Le lezioni ripresero dopo poco tempo ma il legame che si era creato sembrava rafforzarsi.

Loro chiedevano, lei dava. Certo, i momenti di incomprensione c’erano sempre ma ne parlavano, li affrontavano e insieme li superavano.

Loro pretendevano “umanità”, dialogo, affetto. Lei chiedeva fiducia, rispetto, cooperazione.

Via via si andava costruendo un’autentica relazione ricca di “tensione affettiva” che si manifestava anche al di fuori dell’ambito scolastico con sempre maggiore frequenza. Insomma, si piacevano e questa “corrispondenza di amorosi sensi” avrebbe dovuto determinare, nelle menti e nei cuori di ognuno, delle irripetibili emozioni che si sarebbero dovute trasformare poi in un’acquisizione di nozioni e conoscenze fuori dal comune.

Ma questo non è avvenuto. Alcuni di loro si sono persi per strada e lei non è riuscita a portarseli tutti con se in quinta.

Ora sono grandi, hanno festeggiato quasi tutti il 18° compleanno.

Lei lo sa che gli insegnanti costituiscono un gruppo particolare di adulti, nei confronti dei quali un giovane comincia a sentire il bisogno di affermare la propria autonomia. E’ cosciente che spesso deve assumere, in rapida successione, due atteggiamenti che sono antitetici; deve, in un certo modo, porsi sul piano degli stessi allievi, guardare le cose con i loro occhi, imparare a parlare lo stesso linguaggio se vuole essere veramente compresa, seguita e soprattutto, se vuole ottenere la loro piena collaborazione deve essere “dentro il gruppo” come amica fra amici ma anche “fuori e sopra il gruppo” per assumere a volte il ruolo di giudice. Lei crede di non esserne più capace, ha scoperto con sgomento che l’entusiasmo di insegnare qualcosa di importante ai ragazzi in un certo qual modo non suscita in loro altrettanto entusiasmo ad imparare.

Loro non ne vogliono più sapere, tutto quello che era stato costruito insieme è andato distrutto, non c’è più dialogo, non c’è più interesse reciproco, non c’è più empatia, non sembrano più aver bisogno di lei. Non si ride più, non si scherza più. Tutte le mattine entra con angoscia in quella classe, la sua classe. Il cuoricino sempre più piccolo, i suoi alunni sempre più distanti, ma lei è una dura e non vuole rassegnarsi a tutto questo.



"Profe, ma un blog lei, quando lo apre?"
E allora, eccolo!
Qui si racconta cosa succede nelle mie classi, come il tutto venga vissuto da me, dai miei alunni e dai miei colleghi.
Non credo affatto che la "scuola vera" sia solo quella che sprezzantemente occupa le prime pagine dei giornali con alunni somari e maleducati, con insegnanti depressi e fannulloni, non è questa la verità! Voglio raccontare la mia.
Buona lettura a tutti.

CARPE DIEM

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