Insegnando si impara

Archive for marzo 17th, 2012

Parafrasando un dialogo di un vecchio film, potrei dire: “Veramente io sono un’insegnate italiana, il mio nome è Pastore. Ileana Pastore.” “Già e io sono Superman. E lei è sempre in arresto”.

Ho scelto questo mestiere tanti anni fa e ancora non me ne sono pentita. A volte sono stanca, a volte un po’ frustrata dalle continue “riforme” che distruggono la scuola, a volte un po’ arrabbiata nei confronti di chi presenta gli insegnanti della scuola pubblica come fannulloni, ma in fondo, quando mi alzo la mattina e so che vado a scuola, sono contenta. Devo dire però che, negli ultimi anni, ho dovuto tenere veramente i nervi saldi. Da molte autorevoli indagini emerge, sempre più frequentemente, che gli insegnanti si sentono isolati e accerchiati. I maggiori problemi evidenziati sono: difficoltà nel far rispettare la disciplina, scarso interesse degli studenti per la scuola e scarso valore attribuito dalle famiglie al successo scolastico. La cosa non mi stupisce affatto.

Agli insegnanti oggi viene chiesto di essere tante cose: docenti, quindi esperti nelle loro materie; educatori, quindi capaci di trasmettere dei valori; un po’ psicologi e quindi empatici nei confronti degli alunni, attenti ai loro problemi dell’infanzia, della preadolescenza e dell’adolescenza; entusiasti e carismatici, quindi un po’ intrattenitori e animatori; esperti di nuove tecnologie, quindi in grado di usare computer, Lim (lavagne interattive multimediali) e altre diavolerie.
Non solo: ci vogliono anche coinvolgenti. Potremmo dire che la scuola vorrebbe farci diventare degli insegnanti coach.
Ormai si è diffusa la convinzione che l’insegnante deve “motivare” il ragazzo allo studio. Cioè, vorrei capire meglio. Uno studente è tale per definizione, cioè perché la sua principale occupazione è, o dovrebbe essere, quella di studiare. Perché un insegnante dovrebbe convincere i suoi alunni a studiare? Non è insito nella loro condizione di studente?
Perché mai un professore dovrebbe convincere un alunno a fare quello per cui viene a scuola? Come se un medico dovesse pregare un paziente di farsi curare, o un dentista implorare un paziente di farsi togliere una carie. È noto a tutti che psicologi e psichiatri non prendono in cura pazienti che non credono nella terapia e non sono disposti a collaborare, ne va della loro dignità professionale…

Io ci provo a rendere interessanti le mie lezioni, a comunicare la passione per le mie materie, provo a semplificare i concetti più difficili o a creare agganci con le altre discipline e cerco di correggere i loro errori. Però ancora non posso studiare al posto dei miei alunni né posso, di pomeriggio, andare nella cameretta di ognuno di loro e piazzarmi come un gufo sulla spalla per controllare che studino. Il lavoro grosso lo devono fare loro, a casa.

Purtroppo, ormai, l’idea dominante è la seguente: è colpa del professore. Sempre. Perché non ha spiegato bene, oppure pretende troppo, o è troppo severo nei voti, o è troppo burbero e mette in soggezione i ragazzi, o…
Insomma, il brutto voto ormai non è un fallimento dell’alunno, ma è un fallimento dell’insegnante. L’insegnante coach fallisce, se non coinvolge e non motiva gli alunni che gli sono affidati e non riesce a far loro ottenere buoni voti.

Bene, allora propongo questo: se devo essere un coach voglio scegliermi gli alunni, proprio come gli allenatori decidono se allenare una ragazzina che promette di diventare una nuova Federica Pellegrini o un ragazzino che potrebbe essere un nuovo Federer.
Posso scegliere? Non più classi di 25 o più alunni, non più alunni fannulloni o poco intelligenti. Non più alunni disabili, extracomunitari, problematici. Non più alunni che passano il pomeriggio al computer, senza essere mai controllati dai genitori. Io voglio solo alunni intelligenti, educati, simpatici, volonterosi, docili e entusiasti, senza il cellulare sempre acceso, pronti come Alfieri a legarsi alla sedia per studiare giorno e notte.

Così riuscirebbe a tutti vero?



"Profe, ma un blog lei, quando lo apre?"
E allora, eccolo!
Qui si racconta cosa succede nelle mie classi, come il tutto venga vissuto da me, dai miei alunni e dai miei colleghi.
Non credo affatto che la "scuola vera" sia solo quella che sprezzantemente occupa le prime pagine dei giornali con alunni somari e maleducati, con insegnanti depressi e fannulloni, non è questa la verità! Voglio raccontare la mia.
Buona lettura a tutti.

CARPE DIEM

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